Alla moglie del capo piace il viola: creatività e strategia sono questione di gusti?

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In un nostro recente articolo avevamo elencato i tre degli errori più diffusi nella comunicazione. Il primo era proprio la creatività. Qualcuno avrà tirato il naso, specie fra chi – come noi – di comunicazione ci vive. Eppure, se vogliamo parlare seriamente di posizionamento di marca, dobbiamo imparare a dimenticarci la creatività, almeno per un po’.

La creatività non deve diventare una questione di gusti

Nei «Tre errori» avevamo detto che ciò che è creativo è anche soggettivo. Di fronte a un prodotto di comunicazione, è normale che i pareri si dividano: non si può piacere a tutti (ne parlavamo anche qui: piacere molto a pochi o poco a molti?). Insomma, la creatività sembrerebbe proprio essere una questione di gusti.

Abbiamo visto tutti almeno una volta una riunione con i clienti arenarsi sulle proposte creative. C’è chi le preferiva minimal, chi vintage, chi shocking. Alla segretaria piace il fucsia. La moglie del capo le vorrebbe viola. In quei casi, purtroppo, si finisce spesso per lasciare l’ultima parola alla persona a cui nessuno vuol pestare i piedi, e non è detto che sia quella con più competenze.

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Lasciate pure che i guru del design si elenchino concetti come proporzioni auree, parametri di leggibilità, accostamenti di colore indiscutibili e allineamenti studiati. Alla fine, ci sarà sempre qualcuno che troverà brutto il bello, e viceversa. Per quanto ne sappiamo, qualcuno trovava brutta pure la cappella Sistina, o Marilyn Monroe.

Come decidere, allora, la comunicazione più efficace per il nostro brand? Se di gusti non si discute, decidere cosa sia più bello, per definizione, è impossibile. Come ne usciamo? Capendo che, in realtà, la questione è mal posta:

se ti ritrovi a discutere di cos’è più bello, vuol dire che si è già perso di vista il nocciolo della faccenda.

La nostra azienda fa comunicazione per diffondere contenuti geniali, commoventi, insomma «belli»? In una parola, il nostro obiettivo è la comunicazione fine a sé stessa? Ovviamente no. Il nostro obiettivo sarà probabilmente lo sviluppo del business: aumentare il fatturato, penetrare un nuovo mercato, allargare il parco clienti.

Quindi quando ragioniamo sulla creatività dobbiamo ricordarci che è un mezzo, non un fine:

Non comunichiamo per essere creativi, siamo creativi perché abbiamo qualcosa da comunicare.

E quel che abbiamo da comunicare è il posizionamento della nostra marca. Ciò che deve restare alla fine dell’azione di comunicazione è il valore aggiunto della nostra marca, un pregio unico che la differenzia dalle altre e che – guarda caso – è anche quello che interessa al suo target group.

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Come diciamo spesso, la creatività è un moltiplicatore: la sua funzione è rendere efficace  la comunicazione. Possiamo considerare la creatività il motore che spinge il messaggio fino al target group. E come ogni motore, se non c’è qualcuno alla guida serve a poco: andrà velocissimo, ma solo fino al prossimo muro. E chi è seduto al posto di guida? Il posizionamento di marca.

A volte non c’è niente di più pericoloso di un’idea geniale in un brainstorming: ho visto gruppi di creativi lasciarsi conquistare da un’idea e dimenticare gli obiettivi per rincorrere una creatività a cui non potevano rinunciare. È normale, i creativi sono fatti così. E proprio per questo, nella comunicazione, insieme ai creativi ci devono essere  figure specializzate nell’analisi e nella strategia di posizionamento di marca. Una volta definite le linee guida della comunicazione per un determinato posizionamento, e rispetto ad un certo gruppo di riferimento, allora la creatività ritrova la sua funzione: moltiplicare l’efficacia del messaggio strategico.

La potenza è nulla senza controllo

Un motore potente è utile solo se sappiamo dove andare: così gli obiettivi dell’azienda e la strada per raggiungerli sono indispensabili non solo per fare comunicazione, ma anche per valutarne l’efficacia. Allora sì, possiamo lasciare che la creatività sviluppi la sua potenza. Di più, possiamo fidarci che la sua potenza non ci porti fuori strada.

Non siate creativi. Non ancora.

Non siate creativi, quindi? Forse no. Certo non subito. Solo dopo un’analisi del mercato e dei concorrenti, e con in testa un posizionamento rilevante, differente e credibile, possiamo essere davvero creativi, perché sappiamo di orientare la creatività allo scopo del cliente.

E, soprattutto, con in testa il posizionamento, potremo difendere meglio le nostre scelte come comunicatori. Torniamo con la mente alla nostra riunione con il cliente. La moglie del titolare vi ha appena interrotto dichiarando:

«Io lo preferivo viola!»

«Ha ragione signora, il viola è un bel colore. Ma non serve ai nostri obiettivi di posizionamento. Potremmo fallire la campagna e perdere il budget investito, ma ovviamente l’ultima parola è la sua.»

Ok, un dialogo che forse nella realtà non sarebbe proprio così schietto, ma abbiamo afferrato la sostanza: il marketing, e il posizionamento di marca come sua disciplina centrale, non sono e non devono mai diventare una questione di gusti, ma restare solidamente guidati da criteri scientifici. Per questo ho ideato Posizionamento Attivo, un sistema integrato e metodico per analizzare e pianificare il posizionamento di marca in modo scientifico, con l’obiettivo concreto di aumentare il business delle aziende.

1 Comment
  1. […] ha i propri gusti, e ogni logo è destinato a piacere ad alcuni e dispiacere ad altri. Del resto, la moglie del capo l’avrebbe voluto viola. Ma il punto non è – quasi mai – se un logo sia bello o brutto. Il punto è la […]

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