Un’azienda vale quanto la sua parola. Perché nella sua parola vive quello che l’azienda pensa. Intervista ad Andrea Ingrosso

single-image

Il copywriter è la figura centrale del marketing oggi. Qual è il problema del copywriting in Italia?

Il problema del copywriting è il marketing. Se scrivi in Google design accattivante scoprirai che aziende di diverso tipo attribuiscono quella particolarità ai loro prodotti. Un’agenzia di comunicazione, una gelateria, un’azienda produttrice di pavimenti, un venditore di smartphone, aziende produttrici di frigoriferi, di erogatori d’acqua, di stivali in pelle. Se accade questo è perché il marketing ha colonizzato il copywriting.

C’è una colonia per ogni linguaggio: legale, informatico, di marketing, di recruiting, seo, burocratico, bancario. Se hai bisogno dei linguaggi quando scrivi è perché qualcuno o qualcosa ha rapito la tua lingua. Che poi è la lingua di tutti: la lingua italiana scritta in italiano. E nessuno dovrebbe presentarsi di fronte a una pagina bianca in quello stato: sotto sequestro.

Verso che direzione sta andando il suo lavoro? Quali sono le sfide del futuro che si dovranno affrontare?

La direzione del mio lavoro è la lingua. Il copywriting dovrebbe sempre andare verso gli stati interessanti della lingua madre. La direzione del marketing invece è la lingua matrigna. Il marketing va sempre verso il supermercato dei linguaggi. La scrittura non è come il marketing che si muove sempre accompagnato dai genitori vision e mission. La scrittura vive da sola da molto tempo. Ha un passato e il suo futuro è solo il presente. Entrare ogni giorno nella stanza della pagina e arredarla di parole vive per ospitare il lettore.

Tre aziende che hanno un posizionamento di marca ideale. In questi termini, ci sono aziende che hanno fatto un vero e proprio salto di qualità in quest’ultimo periodo?

Un copywriter non parla di posizionamento di marca. Un copywriter può solo parlare di posizionamento della scrittura all’interno della comunicazione di un’azienda.

E nella maggiore parte dei casi i posizionamenti delle aziende sono posizionamenti sedentari. La scrittura delle aziende si spaparanza sul divano della pagina e fa vita da sfaccendata. Non c’è nessun salto se nella scrittura delle aziende continuano ad accomodarsi parole come efficace, dinamico, proattivo, gamma, specifiche esigenze, leader di mercato, comunicazione a 360°.

Ikea è un’azienda dove la scrittura si posiziona con un fisico atletico all’interno della comunicazione. Le parole corrono tra una frase e l’altra dei testi. E con loro corrono i lettori.

Le ricerche di mercato qualitative e quantitative rappresentano ancora oggi mezzi basilari per indagare in profondità i bisogni, le tendenze e le preferenze dei consumatori, anche se non sempre attendibili?

Un copywriter non fa ricerche di mercato. Un copywriter fa ricerche di parole. Parte dalle fondamenta: il vocabolario. È quello l’unico luogo dove deve ricercare. Perché a forza di digitalizzare le aziende sono sparite le impronte digitali della scrittura. Non c’è più traccia dei suoi fondamentali. Una volta la lettera i in classe era rappresentata dall’immagine dell’imbuto. Oggi invece la i è rappresentata dall’implementazione dei processi.

Qual è il segreto per una comunicazione chiara e diretta con i consumatori? In che modo è possibile riuscire a trasmettere l’unicità di un prodotto?

Non ci sono segreti. I segreti alludono a una possibile facilità. E chi allude illude.

C’è invece nella scrittura una cosa che pochi vogliono fare. La fatica. Non puoi dire di avere scritto un testo chiaro fino a quando non avrai sentito almeno un po’ di fatica nel farlo.

Nel copywriting non esistono le formule magiche per scrivere come tanti prestidigitatori vogliono farci credere: 5 grandi segreti per scrivere in modo efficace, come diventare uno scrittore in 10 mosse, 7 consigli per titoli ipnotici, 3 dritte furbe per farsi leggere. Sono le stregonerie della digitalizzazione.

Come se la cavano le aziende sul web? Riescono a fare un buon uso dei social per quanto riguarda la comunicazione?

Se la cavano male visto che le aziende inseguono il primo posto in griglia con la monoposto seo guidata dal marketing. Il copywriting non è seo. Il copywriting parla al lettore, la seo parlotta con un motore. Sì, va bene, ho capito che le aziende e i professionisti vogliono parcheggiare il loro sito internet sotto il naso dell’utente.

Ma ha senso parcheggiare così vicino alle persone se poi la scrittura che leggiamo nelle pagine dei loro siti è così distante?

Chi scrive i testi seo è un tecnico del web o un ingegnere, non un copywriter. E affiancare la parola seo alla parola copywriter è un’operazione poco ingegnosa. E molto criminosa.

Perché scrivere una storia e non fare storytelling? Perché oggi un’azienda dovrebbe puntare sul fatto di raccontare una storia?

Perché una storia è una creatura che nasce dal pancione della letteratura. Lo storytelling è un’impalcatura montata ad arte dal marketing per tenere in piedi una comunicazione costruita senza fondamenta: la lingua. Niente è più lontano dalla letteratura come il marketing. E non c’è nulla di più vicino alle persone come la letteratura. Si impara a scrivere storie dai libri di storie, non dai manuali di storytelling.

Dal suo blog: «Più narrazione, meno autocelebrazione. Perché la narrazione fa lo stesso lavoro della mamma: crea stati interessanti e dà l’esempio. L’autocelebrazione invece fa lo stesso lavoro dell’anticoncezionale: sopprime la fecondazione della parola e ne impedisce il passaggio di genere». Che cosa non dovrebbe mai dimenticare chi lavora con le parole per le aziende?

Che un’azienda vale quanto la sua parola. Perché nella sua parola vive quello che l’azienda pensa. Scrivere parole chiare è già un modo per mantenerle. Perché i linguaggi sono la traduzione sbagliata della lingua. E il nostro è quel paese che dà la cittadinanza ai traduttori della lingua italiana nell’Italia dei linguaggi.

Oggi la comunicazione va pensata in modo cross-mediale fra social, video, testi, visual. La coppia minima tradizionale della pubblicità (art director – copywriter), regge ancora? O va ripensata?

Magari ci fosse ancora la coppia art director-copywriter. Oggi condivide la comunicazione e impera nell’azienda la coppia content manager-seo specialist. Rockstar digitali cresciute a pagine di manuali di marketing e a palchi di brand festival. I libri di letteratura e il teatro sul palcoscenico non possono reggere il confronto con la digitalizzazione della parola scritta. Conta di più il professor Philip Kotler del maestro Antonio La Cava. Posso solo ripensare ai tempi in cui la comunicazione di un’azienda era disegnata da un art director e narrata da un copywriter.

Quanto è importante il contenuto e il copy per mantenere il posizionamento di marca?

È importante quanto è importante salutare quando incontri qualcuno, anche se non lo conosci. È importante quanto è importante chiedere per favore quando hai bisogno di qualcosa e rispondere grazie quando quel favore arriva da qualcuno.

È importante come è importante tutto quello che ti posiziona nel mondo. Non come una marca, ma come una persona.

Chi è Andrea Ingrosso

Faccio il copywriter. Scrivo per le aziende e insegno alle aziende a scrivere. Porto le aziende fuori dei quartieri dei linguaggi. Le faccio entrare nella città della lingua. Un risultato di nettezza urbana che fa della scrittura un’operazione di civiltà. Nel 2018 ho scritto per Caccaro srl, Officina Bernardi SpA, Ardesia srl, B&CO srl, Muvec, Colesel Spumanti srl. Ho portato il mio corso di scrittura Anatomia della scrittura in MB Crusher SpA, Eos Srl, IVG Colbachini SpA, GTI srl, Trixie Italia SpA. Nel 2019 porterò nelle aziende il mio nuovo corso di scrittura di narrazione Virus virtuoso.
www.mamyadv.com

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo e-mail non verrà pubblicato.

Potrebbe interessarti anche